domenica 3 marzo 2019

Contro la psicosi del pino-killer

Foto di “Riprendiamoci Roma”

Il forte vento del 23 e 24 Febbraio scorso ha fatto cadere centinaia di alberi nella Capitale. Uno, in viale Mazzini, è caduto in testa ad un uomo che ora si trova in Ospedale in gravi condizioni. Ciò ha fatto scrivere alla Sindaca che:

“Serve un piano straordinario per l’abbattimento di tutti gli alberi malati e arrivati a fine vita a Roma.” E  “Bisogna avere il coraggio di dire che serve un’azione straordinaria: un’azione che, inevitabilmente, cambierà anche il paesaggio di Roma. I pini secolari fanno parte del panorama di Roma ma così non si può andare avanti.“

Quindi ha detto che:

1) vuole abbattere i pini di Roma che siano arrivati intorno ai 90 anni
2) vuole chiedere soldi al Governo per questi abbattimenti
3) cambierà il paesaggio di Roma, in barba alle proteste degli ambientalisti

Vediamo cosa c’è che non va in queste affermazioni:

1) il 23 Febbraio scorso non sono caduti solo pini ma anche altri tipi di alberi, per esempio cipressi, anzi a quanto mi è stato riferito da un funzionario del settore che lavora per il Comune sono caduti più cipressi che pini. Quindi perché parlare di abbattere solo i pini?
Perché un pino è caduto in testa ad un uomo? Quindi questa di abbattere i pini sarebbe una decisione presa sull’onda emotiva e per compiacere quei cittadini che invocano di azzerare i rischi di cadute (cosa che si può fare solo se si azzerano gli alberi!). 
Prendere una decisione popolare è giustificato ma solo se la decisione fosse la piu' razionale e giusta e questo non sembra essere il caso, almeno secondo alcuni esperti del settore (vedi di seguito).

2) non è vero che sono caduti solo alberi “vecchi”, perché: a) sono caduti anche alberi giovani e giudicati sani, b) alcuni alberi si sono spezzati nel tronco (a Villa Borghese per esempio) c) i pini domestici  a 80-90 anni non sono “vecchi”, perché possono arrivare a 200/220 anni, come hanno spiegato bene dal WWF (vedi dopo).


In sintesi “l'età di 80 anni di un Pinus Pinea”, considerata dalla Sindaca consigliata evidentemente da agronomi che la pensano cosi, come età di fine vita, “corrisponde invece all'età di un uomo di circa 40 anni”, come ha scritto il Responsabile WWF di Sorrento Claudio D’Esposito, su Facebook, che prosegue:



“E già il solo dichiarare una cosa del genere induce in un facile "procurato allarme"... rimarcando il binomio albero vecchio=albero che crolla. Binomio doppiamente errato, sia perchè un pino può vivere ben oltre 80/90 anni, sia perchè un albero vecchio non è detto che debba crollare prima di morire! I pini della Villa Paganini (vedi foto sopra) appena eliminati, erano eccessivamente filati e slanciati per errate potature del passato, ma non per questo erano da abbattere. Anzi avevano dimostrato di essere sufficientemente elastici e radicati da sopravvivere agli ultimi recenti eventi meteo. Se di fronte al timore, anche recondito, che un albero possa un giorno cadere (perchè se ha resistito ad un vento di 100 km orari cosa farà con un vento maggiore?) ... e di fronte alle responsabilità da evitare (perchè se cade chi si prende poi la responsabilità?), si arriva a rinunciare ad un ragionamento costi/benefici e ad un reale approccio scientifico, capace di collegare le cause agli effetti, TUTTE le nostre città saranno sempre più grigie, inospitali e pericolose ... proprio perchè avranno meno ALBERI!”

LE POTATURE:

Giovanni Morelli, massimo esperto di pini in Europa, dice:

Riguardo alle potature, poi, se è vero per tutte le specie arboree che non esiste alcuna correlazione diretta tra intensità degli interventi cesori e stabilità degli alberi che li subiscono, nei Pini la massima garanzia di autosostentamento è data proprio dall’intangibilità della chioma. I Pini domestici hanno chiome rigide e compatte, in grado di ridurre al massimo la turbolenza legata all’incidenza del vento e di generare portanza, garantendo una sorta di “galleggiamento” dell’albero, quasi come se l’albero fosse un aereo il cui decollo, tuttavia, è impedito dal tronco che lo vincola al suolo. Le potature possono solo peggiorare queste performance strutturali …

Gli alberi – ed in questo i Pini non fanno eccezione – sono adattabili e se vengono collocati in condizioni anche non ottimali, riescono quasi sempre a cavarsela. 

La tecnologia offre oggi soluzioni estremamente efficaci. Vi sono ad esempio sistemi di sostegno in grado di garantire la stabilità degli alberi pur permettendo un suo parziale e controllato movimento, a garanzia dell’efficienza di quei naturali sistemi di “meccanoricezione” che stanno alla base dell’autodeterminazione della forma arborea. In pratica si tratta di aiutare gli alberi … senza che loro se ne accorgano.”




Quindi:
  1. Le potature degli alberi inclusi i pini non aumentano la stabilità dell’albero
  2. La chioma dei pini non va toccata
Francis Hallé, massimo botanico francese ed esperto di foreste primarie ricorda nel suo libro “Ci vuole un albero per salvare la città” che l’80% delle malattie degli alberi in città è dovuto a potature brutali. A Lione hanno così eliminato le potature brutali con enormi vantaggi.

Ho mostrato le foto dei pini di Villa Borghese (vedo foto qui a lato) a Giovanni Morelli che ha commentato che sono potature fatte male. Che succede se si pota male un albero?
“Nel pino, l'eliminazione di quei rami provoca gravi scompensi ormonali che, nel lungo periodo, sono corresponsabili di problemi agli apparati radicali. E se soffia il vento ...”

Poi ci sono i danni alle radici durante gli scavi Acea o altri, ma questa è solo una delle cause principali degli schianti. Il motivo principale sono le potature criminali che rendono i pini instabili e troppo alti. A Roma fino agli anni 60 non si sentiva parlare di schianti di pini perchè le potature erano fatte ad arte (Massimo Livadiotti, membro degli Amici dei Pini di Roma, su Facebook).

Anche Antimo Palumbo, storico degli alberi, su Facebook ricorda che i pini di Piazzale delle Medaglie d'Oro si trovano in ottime condizioni per un semplice motivo: da  quando sono stati messi a dimora ( e quindi 7 anni fa) non sono mai stati toccati da nessuno hanno ancora i tutori a impalcatura originali.

D’Esposito prosegue:
“Le piante che stanno segando, col pretesto del pericolo, si stanno rivelando sanissime! E la semplice considerazione che se il pericolo è minimo (1) ma il rischio è massimo (1000) - perchè sotto gli alberi transitano bambini, mamme, anziani, ecc. - allora il pericolo diventa sempre 1000 (1 x 1000 = 1000) è un ormai diffuso ragionamento... ma non può essere un alibi nè una giustificazione accettabile per abbattere tali preziose piante! Di tale passo si giunge alla convinzione che per "azzerare" il rischio l'unica cosa da fare è "abbassare l'età media delle piante" senza dover aspettare che si ammalino o invecchino? Insomma un turn-over di alberelli da sostituire ogni 20/30 anni (magari piccoli, che non crescono, non alzano i marciapiedi, non sporcano, non oscurano la vista e il panorama, non fanno ombra, e non producono frutti, nè pollini e nè profumi fastidiosi?). Stabilire la "pericolosità" degli alberi di Roma con  uno screening generico e discutibile significa approcciare al problema con molta "approssimazione" e senza una visione di insieme legata alle EMERGENZE dei nostri tempi (inquinamento, cambiamenti climatici, perdita di biodiversità, temperature assurde nelle città, ecc). Diceva un caro vecchio agronomo (inteso come"medico delle piante") che contattammo per confutare ben 3 perizie e per salvare il Pino secolare della Villa di Sorrento (già condannato a morte con un'ordinanza sindacale) : "L'unico albero sicuro è quello che non è mai nato o che non è mai cresciuto". Se vogliamo troveremo 100 buoni motivi per abbattere un albero ... ma altrettanti 100 per convincerci che non è proprio il caso! 

Concordiamo con D’Esposito infine che sia assurdo l'appello della Sindaca Raggi nel chiedere risorse al Governo non già per nuovi e bravi giardinieri, ma bensì per abbattere i Pini di Roma. 
La Montanari aveva detto che a Roma servivano almeno 110 milioni di euro l’anno per gestire il verde di Roma, e il doppio per gestirlo come a Milano.

Ecco troviamo 220 milioni di Euro, presto, e impieghiamoli bene, per curare e rispettare e non per brutalizzare il nostro patrimonio arboreo. 

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